Per non morire di sport
Durata: il 20/04/2018
Scadenza iscrizioni: 17/04/2018
Descrizione Corso
Le anomalie di origine delle arterie coronarie dal seno di Valsalva opposto (AOCA) sono un
gruppo eterogeneo di malformazioni congenite. Pur essendo relativamente rare, esse
rappresentano, in termini di frequenza, la seconda causa di morte improvvisa durante
attività sportiva (MIS) nei giovani atleti. Inoltre, tra tutte le possibili cause di MI in questa
popolazione, le AOCA sono quelle con il rischio relativo più alto negli sportivi rispetto ai
sedentari (ben 79 volte superiore). Infatti, nei portatori di tali anomalie gli sforzi sici intensi
sono la causa principale di infarto miocardico, arresto cardiaco e MI.
Purtroppo, a di-erenza delle altre patologie a rischio di MI, le AOCA sono molto di cili da
sospettare e diagnosticare “in vivo”, poiché molti soggetti, giovani o giovanissimi, sono
asintomatici e non hanno alterazioni all’ECG a riposo e da sforzo.
L’Ecocardiogramma (ECO) è l’indagine non invasiva più semplice ed economica potenzialmente
in grado di identicarle o quantomeno sospettarle. Purtroppo, in questo caso,
ancora oggi nella maggioranza dei Centri Cardiologici, l’ECO non prevede la ricerca e la
visualizzazione degli osti e dei primi tratti delle arterie coronarie, a causa della mancanza
di formazione specica del personale medico e tecnico. Infatti, una formazione in tal senso
non è prevista, se non raramente, nei corsi di Ecocardiograa tenuti dalle diverse Società
Scientiche.
Secondo diversi studi, solo nel nostro Paese potrebbero esserci quasi 250.000 portatori di
AOCA, tra cui più di 30.000 atleti agonisti, praticanti sport con regolarità e più esposti a
rischio, specie nel caso di attività ad impegno cardiovascolare elevato. Alla luce del fatto
che, ad oggi, nei pochi Centri di riferimento Italiani per la diagnosi e la gestione di questo
tipo di anomalie, il numero di casi segnalati non supera le poche decine di soggetti, si
capisce quale sia l’enorme lacuna diagnostica da colmare.
Pur avendo già raggiunto nel nostro Paese importanti traguardi certicati ormai da
pubblicazioni scientiche su importanti riviste internazionali, l’impegno per la sensibilizzazione,
il perfezionamento e la formazione del personale medico e in generale della
comunità scientica nei confronti di questa tematica non è ancora adeguato e dovrebbe
essere portato ai massimi livelli al ne di ridurre signicativamente l’impatto sull’attività
sportiva dei giovani di quella che, al momento sembra essere, la patologia del cuore più
pericolosa e difficile da diagnosticare.